Algeria – di Attilio Bonaudo

Sahara algerino

Viaggiare vuol dire anche conoscere

La meravigliosa storia del “marabutto bianco” Padre de Foucauld

Salendo l’Assekrem

di Attilio Bonaudo

Al cuore del “nulla”
Dopo aver bivaccato nei pressi del villaggio Tuareg di Hirafok, abbandono l’ondulè della pista che congiunge il Tassili Najjer all’Hoggar e salgo l’Assekrem lungo la tormentata, quasi impraticabile, pista nord. Occorrerà tutta la mattina per percorrere gli 85 chilometri che mi dividono dal colle dell’Assekrem a quota 2700 circa. Lassù, poco più in alto del colle, quasi a 3000 metri, potrò raggiungere a piedi l’eremo di Padre Charles de Foucauld da lui costruito settanta anni fa.
Mi trovo in pieno sahara sulle montagne dell’Hoggar. Dalla cima più alta, il Thanat, lo sguardo spazia nell’infinito, nel nulla. Sahara significa appunto “il nulla”. Tutt’attorno picchi basaltici, gole profonde, distese di pietre laviche incendiate dal sole. Questo è l’Hoggar: un desolato paesaggio lunare di 375.000 chilometri quadrati, una grande isola montagnosa emergente da un mare di sabbia.
Dal colle dell’Assekrem il sentiero zigzaga ripido fino a raggiungere la cima, un vasto pianoro dove una misera casupola in pietra, simile alle nostre baite di montagna, si mimetizza con le rocce circostanti: è l’eremo di Padre de Foucauld ritiratosi quassù per dialogare con Dio in meditazione e silenziosa preghiera.
“Assekrem, dolcezza della solitudine”, è scritto in un suo memoriale. Oggi l’Assekrem, cuore dell’Hoggar, è meta d’obbligo per gli appassionati del Sahara. A rendere famoso questo luogo ha contribuito in misura primaria, involontariamente, il “marabutto bianco”, così chiamato dai Tuareg, Padre Charles, il quale non era venuto tra la gente dell’Hoggar per porre le basi di un futuro sviluppo turistico, ma per aiutare concretamente i suoi simili, fratelli in Dio, e vivere il Vangelo fra i poveri e schiavi in una testimonianza silenziosa, fino all’estremo olocausto. Infatti, come Cristo, tradito da un giuda e con la complicità di alcuni che aveva più volte aiutato, fu barbaramente ucciso da una “fallagha” di Senussiti e Tuareg, venuti apposta dal Fezzan, i quali vedevano in lui, tra l’altro, un nemico potenziale contro la stabilizzazione dell’Islam in quelle zone.

Tuareg, gli “abbandonati”
Salendo a piedi, sotto il sole cocente, il ripido tratto finale che porta all’eremo, il mio desiderio vaga nel tempo; penso alle enormi difficoltà di allora per raggiungere l’Hoggar. Gli stessi Tuareg che poche ore prima avevo incontrato scendere con i loro dromedari verso il villaggio di Hirafok, mi avevano raccontato le inumane fatiche di ogni loro spostamento. Quei Tuareg chiesero un po’ d’acqua e ripartirono verso la lontana meta, con l’abituale rassegnazione del nomade costretto in un ambiente ostile. “Gli abbandonati”, questo è il significato in lingua Tamascek della parola “Tuareg”. Abbandonati da Dio, si dice quaggiù nell’immensità del Sahara. In realtà i Tuareg sono stati, e lo sono ancora in alcune zone, i veri dominatori e padroni di questo mondo di sabbie. Divisi in varie tribù furono un tempo temuti guerrieri e razziatori, spesso in lotta fra loro, ma soprattutto con gli stranieri. La penetrazione dei Francesi nel profondo sud sahariano costò migliaia di vite umane ad opera dei Tuareg.
I Tuareg di questa zona sono della tribù del Kel, detta anche degli Ajjer e degli Hoggar. Alti, fieri,indipendenti sono guidati da un capo tribù, l’Amenokal che detiene i “tobols” o tamburi quali insegna di potere. La misteriosa “Zakkat” o croce di Agadez è modellata sulle selle e sulle spade quale segno di una superstite credenza nell’immortalità. Moussa ag Amastane, la cui tomba si trova nei pressi dell’oasi di Tamanrasset, era l’Amenokal di allora, colui che permise a Padre de Foucauld di entrare nell’Hoggar. Ma chi era Padre de Foucauld per riuscire ad ottenere, lui solo uomo bianco, quel permesso e diventare grande amico dell’Amenokal?

Il visconte gaudente
Nato a Strasburgo il 15 settembre 1858, Charled de Foucauld, visconte di Pontbriand, rampollo di antichissima e nobile famiglia, rimase orfano a sei anni di entrambi i genitori. Il nonno materno lo avvia a 18 anni alla carriera militare. Promosso ufficiale del V Ussari, divide il suo tempo tra la sede del reggimento e Parigi, conducendo una vita oziosa e frivola in un periodo di forti contrasti sociali. Dissipa cospicua parte della sua fortuna e lascia poi l’esercito per continuare con l’amante la vita di uomo ricco e scioperato. Interrompe la vita gaudente solo quando viene a sapere che i suoi compagni di reggimento, trasferiti in Africa,vengono ogni giorno decimati da tribù insorte. Ottiene di essere reinserito nel grado e raggiungere in Africa i compagni combattenti. Come soldato de Foucauld si comporta in modo esemplare.
Ma a 24 anni è molto cambiato. La morte di molti compagni, i combattimenti nel deserto, gli hanno dato modo di conoscere meglio gli uomini e le ingiustizie del mondo. Spesso osserva i nomadi che al tramonto si appartano e prostrati verso la Mecca iniziano la loro preghiera a Dio. Quella religiosità lo colpisce, lui uomo ateo e gaudente, tanto che più volte, alla sera, si ritrova in meditazione contemplando l’immensità del creato. Lascia nuovamente l’esercito per dedicarsi allo studio dell’antropologia, etnografia, uso del sestante, arabo. Fa ricerche sulla storia dei Berberi, in quanto è in lui ormai inculcata la passione per il Sahara, dove intende ritornare al più presto. Dopo un difficile viaggio in Marocco, ritorna in Sahara fino a raggiungere a sud l’oasi di El-Golea. Ha più volte occasione di incontrare gli Mzabiti, di pura fede musulmana, di cui apprezza la fraternità e l’ospitalità. Ritorna nuovamente in Francia dove conosce l’abate Huvelin e sotto la sua guida inizia una vita di letture e meditazioni, finché un giorno sente nascere in lui la vocazione monastica e decide di entrare nella Trappa di Notre Dame des Neiges, spogliandosi di tutti i suoi averi.

Fratello universale
Dopo alcuni anni di clausura abbandona la trappa e riceve l’ordine sacerdotale. Citando un passo di S. Matteo – ” Il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” – sceglie la via della povertà e ritorna in Africa per aiutare i poveri e contribuire a risolvere il drammatico problema della schiavitù. Inizia la sua opera a Beni-Abbes, un’oasi nel grande Erg Occidentale, appena sottomessa. In questa zona la schiavitù è dilagante ad opera degli Arabi di cultura musulmana, ritenuti in tutta l’Africa i più feroci schiavisti. Padre de Foucauld è mal visto dagli Arabi in quanto gli schiavi guardano a lui, cristiano, come al salvatore. Infatti egli si prodiga e accoglie e aiuta quanti bussano al suo “gourbi”, una misera casetta di fango. Denuncia la grande contraddizione della Francia che da un verso proclama “Libertà, Fraternità ed Uguaglianza”, dall’altra protegge sfacciatamente la schiavitù. Protesta con i militari, amici, prelati, quanto si rende conto di persona che il colonialismo è sinonimo di sfruttamento e di isolamento delle popolazioni meno abbienti. La sua bontà accresce la sua notorietà, tanto che l’Amenokal dei Tuareg, dopo averlo conosciuto e constatatone le grandi virtù di uomo saggio, buono e caritatevole, soddisfa il suo grande desiderio e gli concede, cosa unica per un bianco, di stabilirsi nell’Hoggar, nell’oasi di Tamanrasset. Dopo settimane di marcia, scortato dai meharisti dell’Amenokal, Padre de Foucauld raggiunge finalmente l’Hoggar.

Povero tra i poveri
E’ il 7 dicembre 1905: Padre Charles de Foucauld celebra la sua prima messa a Tamanrasset. In lingua Tamascek traduce il Vangelo nei punti di maggior contatto tra la sua cultura e quella dei Tuareg. Prega, studia, lavora senza sosta, intensificando il suo studio della cultura Tuareg e l’aiuto ai poveri, pronto a tutti gli appelli e riesce finalmente a far abolire la schiavitù in tutto il Nord Africa.
Ma Padre de Foucauld cerca anche la solitudine e sale l’Assekrem dove costruisce il suo eremo. Dal 1905 al 1916 si prodiga per facilitare un piano di pacificazione di tutto il Sahara. Le nazioni del mondo sono in lotta tra di loro e anche nel Sahara c’è chi approfitta per fomentare rivendicazioni tribali, sollevando anche sommosse di natura politico-religiosa. I Senussi attaccano e occupano l’oasi di Gjanet, la principale del Tassili. Il posto di Padre de Foucauld è ora Tamanrasset. Vive solo nel “bordi”, un fortino in miniatura costruito su consiglio dei militari quale estrema difesa dalle bande senusse. Non vuole abbandonare di fronte al pericolo i suoi protetti, anche se sente vicina l’ora del martirio.

Martire
E’ la sera del primo dicembre 1916. Richiamato dalla voce familiare del suo servo, Padre Charles esce fiducioso dal “bordi”, ma è subito afferrato da alcuni Senussi e Tuareg dissidenti, che lo immobilizzano e lo bastonano a sangue. La sua “gandura” bianca, sulla quale spicca all’altezza del petto un cuore rosso sormontato da una croce, è lacerata e intrisa di sangue. Poche ore prima il suo servo lo aveva rassicurato che l’Hoggar era in pace.
Padre de Foucauld, fratello universale, marabutto bianco dal cuore rosso, è ucciso poco dopo la cattura con una fucilata mentre in ginocchio, grondante di sangue e con le mani legate dietro la schiena, prega per i suoi assassini. Il suo corpo denudato è gettato nel fossato che circonda il “bordi”.
Riesumati dopo un anno i suoi resti furono avvolti nel “tifit”, il telo bianco nel quale i Tuareg avvolgono i loro morti, e nuovamente sepolti in una fossa fatta scavare dal generale Lapierrine in un luogo adatto vicino al “bordi”.
Il corpo del Padre riposa ora alla periferia dell’oasi di El-Golea a oltre mille chilometri a nord di Tamanrasset, trasferito là nel 1929, tradito anche nelle sue volontà testamentarie, lasciate all’Assekrem, esprimenti il desiderio di essere sepolto nel luogo stesso dove sarebbe morto e restarvi fino alla resurrezione. Nella tomba di Tamanrasset è rimasto sepolto il suo cuore, un cuore sensibile alle ingiustizie di un mondo egoista, un cuore ansioso di aiutare poveri e schiavi, un cuore palpitante di amore evangelico.

Una vita che grida il vangelo
All’Assekrem entro nella casupola eremo di Padre de Foucauld non senza una certa commozione. Ancora abbagliato dalla luce accecante dei tremila metri, stento per alcuni istanti a focalizzare l’ambiente: uno stretto corridoio in fondo al quale si accede a quello che era luogo di studio e riposo del Padre. Molti libri di lettura e altri da lui scritti sono disposti su uno scaffale. Posato su un tavolino, l’immancabile libro ricordo con le firme dei visitatori. Sulle pareti una foto sbiadita del Padre e alcuni fogli vergati di suo pugno. Sulla sinistra del corridoio la cappella, suo luogo di preghiera e di meditazione, pochi metri quadrati,spoglia e quasi buia con una lastra di pietra poggiata su tre colonnine di basalto per altare. In alto, sulla parete, un crocefisso appena illuminato da un filo di luce filtrante dall’unica stretta finestrella. Un lumino acceso ricorda la presenza viva di Cristo in quel luogo sacro. Due padri della congregazione dei Piccoli Fratelli ne sono custodi; eredi spirituali della missione di de Foucauld, si prodigano nell’Hoggar per seguire l’esempio: “Senza tentare di convertire, seminate, seminate le parole di luce”.
Fuori il cielo è di un azzurro allucinante. Discendo e lascio alle mie spalle la cima dell’Assekrem, luogo di vera solitudine. Sul Sahara soffia leggero il vento. E’ vento caldo, caldo come il cuore di Padre de Foucauld e pare ne porti la voce: “Je veux crier l’Evangile par toute ma vie”, voglio gridare il vangelo con tutta la mia vita.

 

Pubblicato su: Missioni Consolata N. 22, 1-15 Dicembre 1980